è giunto a Sora per indossare la casacca della Biosì Indexa e ritagliarsi un posto tra i “big” della SuperLega. Nicola oggi ci è riuscito, ed è proprio lui a raccontare come, tra momenti di luce, qualche paura e ritrovata serenità grazie ai suoi punti cardine, gli stessi che, proprio come spiega il martello veneto, tengono su l’albero e fan si che possa protendere sempre i suoi rami verso il sole.
Chi è Nicola Tiozzo?
"Nicola Tiozzo è un ragazzo solare e molto contento di fare il proprio lavoro. E' sempre stato il suo sogno ed ora che, pian piano, si sta realizzando, non può fare altro che essere felice, soddisfatto e cercare di migliorarsi sempre più”.
Come hai iniziato a giocare a pallavolo?
“Mi sono avvicinato alla pallavolo all’età di 13 anni e per un periodo, contemporaneamente, giocavo anche a calcio. Poi, però, soprattutto grazie al fatto di aver trovato un gruppo di amici proprio grazie al volley, mi è sembrato un ambiente molto più sano, adatto alla mia personalità ed ho scelto di continuare. Se ho iniziato, dunque, è anche grazie alle belle persone che ho conosciuto e che, nell'ultima gara a Padova, sono persino venute a vedermi”.
Fai un bilancio della tua prima stagione in SuperLega.
“Questa stagione è stata difficile, essendo stato il mio primo anno in massima serie. Dalla quarta giornata, poi, è arrivato anche De Marchi e quindi sono finito un po' in difficoltà per la prima parte della stagione. Successivamente, però, ho trovato un po' di serenità in palestra e sono riuscito a lavorare meglio, fino a quando non sono stato chiamato in causa e ho potuto giocarmi le mie carte direttamente in partita”.
Come ti trovi a Sora?
“A Sora si mangia molto bene! (ride) Mi sono trovato davvero a mio agio: ottimo cibo, belle persone, una città in cui tutti si prodigano per aiutarti, sono molto generosi e disponibili. In società anche mi sono trovato allo stesso modo; è un ambiente sereno dove ci si allena e si lavora molto e con passione”.
Come è cambiato Nicola nel corso degli anni?
“Nicola penso sia maturato molto. Tecnicamente sicuramente, perché non ero mai arrivato a questi livelli ed allenarmi in questa categoria mi ha permesso di imparare tanto. Sono maturato anche caratterialmente, perché sono più sereno dal punto di vista mentale rispetto all'inizio, quando magari tendevo di più a strafare. Sono riuscito, insomma, a trovare un mio equilibrio”.
Progetti per il futuro.
“Ogni giocatore punta sempre al massimo. Come mia prima stagione in SuperLega ho centrato già alcuni di quelli che erano i miei obiettivi, ma ovviamente ora non posso che aspirare a migliorarmi ancora di più. Ad esempio, mentre la stagione avanzava, ho iniziato a giocare, facendomi trovare sempre pronto quando venivo chiamato in causa. Magari, per quanto riguarda il prossimo campionato, riuscirò a trovare continuità sin da subito e, perchè no, un mio spazio nel campo”.
Consiglieresti ad un bambino di avvicinarsi a questo mondo?
“Consiglierei a tutti i bambini di giocare a pallavolo, ma anche ai loro genitori. Questo è un mondo molto sano, nel quale viene insegnato il rispetto. Nelle scuole di minivolley e nelle squadre under di categoria ti ritrovi sempre in un ambiente molto familiare e sereno. Poi, ovviamente, si sa che la pallavolo fa bene, come tutto lo sport del resto, ma contrariamente a tanti altri, implica un forte senso di gruppo: il solo fatto di dover passare la palla al compagno pur di fare punto, si traduce nell’impegno di collaborazione per i ragazzi, che così riescono imparare il valore della coesione, dell’aggregazione”.
La giornata tipo di Nicola.
“La giornata tipo di Nicola è in palestra. Sveglia, colazione e subito ci si prepara per l'allenamento. Di solito di mattina facciamo la seduta di pesi e poi tecnica. Una volta tornato a casa pranzo, ma prima di mettermi un po' sul letto per riposare mi piace ascoltare musica o, comunque, ritagliarmi un attimo di tranquillità tutto per me. Dopo, ovviamente, c'è la merenda, che non salto mai prima di tornare ad allenarmi di nuovo nel pomeriggio. Finito anche l'altro allenamento, poi, ceno ed in genere resto a casa a guardare la tv. Dal momento in cui, però, ho la mattinata seguente libera, mi piace anche uscire e divertirmi, ma sempre con la testa sulle spalle”.
Ci sono altri sport che ti piacciono, oltre la pallavolo?
“Sono sempre stato, in tutta la mia vita, innamorato del beach volley. Inoltre ho sempre avuto una passione sfrenata per tutti i vari sport riguardanti la tavola, a partire dallo skateboard, fino ad arrivare al surf. Mi piacerebbe molto imparare, ma sono tutte cose che, con il mio lavoro, non posso fare per mancanza di tempo”.
Hai un soprannome?
“Il mio soprannome è Tiz, in genere. Poi qualcuno mi chiama Nic, o Nico. I miei amici di infanzia, invece, mi chiamano Big perché siamo tutti coetanei e, sin da quando ero ragazzino, sono sempre stato il più alto”.
Un pregio ed un difetto di Nicola.
“Una mia qualità è sicuramente la generosità, un difetto, invece, è che sono un po' impulsivo”.
C’è qualcosa che cambieresti di te come persona e/o come atleta?
“Non vorrei cambiare niente di me, sono in totale armonia con il mio carattere. Come atleta vorrei avere più continuità al servizio”.
Racconta un aneddoto divertente vissuto in carriera.
“Tra gli episodi più divertenti della mia carriera c'è sicuramente la gara in diretta Rai nella partita contro Vibo. I miei compagni di Reggio Emilia avevano deciso che, essendo il mio esordio in serie A2, avrei dovuto giocare con mezza testa rasata e mezza con i capelli lunghi. Nonostante l'imbarazzo del momento, è un aneddoto che ricordo col sorriso sulle labbra. Quest'anno, per esempio, noi abbiamo fatto la barba ai nostri giovani esordienti, ma siamo già pronti, il prossimo anno, a lavorare sui capelli”.
Hai un motto di vita?
“Si: "tengo vicini amici e persone care perché senza radici, l'albero cade"”.
* Sora 29 marzo 2017. Cristina Lucarelli.
Svetoslav Gotsev |
Nato e cresciuto in Bulgaria, a Pernik, Svetoslav Gotsev è arrivato in estate alla corte di coach Bagnoli che lo aveva già allenato nella stagione 2012/2013. Classe 1990, 202 cm di altezza e ruolo centrale, Sveto – così come lo chiamano amici e colleghi – si è subito imposto come titolare della rosa targata Biosì Indexa Sora. La giovane età e l’esperienza maturata sia in patria che all’estero, fanno di lui una pedina importantissima per l’equilibrio bianconero. La sua carriera inizia molto presto, tanto che nell'estate del 2010, Gotsev debutta nella nazionale bulgara in occasione del Memorial Hubert Wagner, dove vince la medaglia d'argento. Da allora ha sempre militato in serie A.
Racconta chi è Sveto Gotsev.
“Sveto è un ragazzo con la passione della pallavolo e che è riuscito a trasformarla in un mestiere. Ho iniziato a 12 anni, dopo un paio di anni di calcio. Ero cresciuto moltissimo, in altezza, nel giro di pochi mesi e così provai con il volley. Dai 12 ai 20 anni sono rimasto nel mio Paese, la Bulgaria, poi ho fatto diverse esperienze all’estero, tra l’Iran, la Germania e l’Italia e questo mi ha aiutato davvero molto a maturare. Sono estremamente felice perché adoro il mio lavoro”.
Come ti trovi in Italia, in particolare a Sora?
“In Italia mi trovo molto bene; avendo imparato presto la lingua non ho avuto grosse difficoltà di adattamento. Sono stato sempre a mio agio e qui a Sora è piacevole lavorare: si vive in un ambiente tranquillo dove ho trovato dei compagni di squadra molto aperti, socievoli e simpatici; abbiamo creato un bel gruppo”.
Cosa ti manca di più della Bulgaria?
“Beh, la Bulgaria è sempre nel mio cuore. E’ lì che sono cresciuto, è lì che è la mia famiglia, la mia casa, è lì che sono i miei amici più intimi e tutte le persone care con cui ho condiviso la mia vita”.
Quanto hanno influito le esperienze all’estero sul tuo modo di giocare?
“Partiamo dal presupposto che ogni Paese ha uno stile di pallavolo diverso: in Italia, ad esempio, è più tecnica, dalle coperture alle difese, mentre in Iran, ad esempio, è meno tecnica ma più potente. Per questo credo si debba essere pronti sempre a sperimentare, reattivi al cambiamento e assorbire le peculiarità positive di ogni esperienza per farne il proprio bagaglio e migliorarsi continuamente”.
Qual è stata la stagione che più ti ha lasciato un ricordo positivo? “Considerando che questa ancora non è finita, forse potrei dire quella trascorsa a Monza. Eravamo una neopromossa, ma siamo riusciti a mettere su un gruppo tosto che ha portato a casa ottimi risultati”.
Come immagini il tuo futuro professionale?
“Onestamente cerco di non fare programmi perché la vita mi ha insegnato che spesso sfumano, per cui per ora cerco di dare il mio massimo, tutto quello che posso qui a Sora, poi si vedrà”.
Hai un idolo a cui ti ispiri?
“Diciamo che ho sempre guardato molta pallavolo e ammirato tanti campioni, ma non ne ho uno nello specifico. Mi ispiro a quelle personalità che considero gli “idoli” veri e propri, quelli che non solo sono degli ottimi atleti, ma che anche fuori dal campo sanno essere esempi di educazione, onestà e umiltà”. Oltre il diminutivo Sveto, hai un soprannome?
“Si, lo zio, coniato per me dai compagni di Monza e lo trovo anche molto simpatico”.
Sei scaramantico?
“Si, ho i miei rituali, ma appunto perché sono superstizioso non li racconto, altrimenti non funzionano più”.
Oltre la pallavolo, quali sport ti incuriosiscono, ti piacciono o pratichi?
“Mi piace molto il tennis, ho preso anche qualche lezione, ma non avendo molto tempo libero non posso cimentarmi come vorrei…per cui, per ora, non sono molto bravo!”.
Quali sono le passioni di Sveto?
“Mi piace molto il cinema: guardo davvero tanti film, sia a casa in completo relax, sia in sala, dove capito almeno una volta a settimana”.
Un pregio e un difetto di Sveto.
“Forse la mia qualità più grande sta nel non serbare rancore a nessuno, tendo a dimenticare i torti subiti e volto subito pagina. Un mio difetto è sicuramente l’eccessiva testardaggine”.
Come ti ha trasformato la pallavolo fuori dal palazzetto, nella vita quotidiana?
“La pallavolo è uno sport che ti aiuta a mettere ordine nella vita: una disciplina che ti insegna a stare a stretto contatto con altre persone, a rispettare i tuoi compagni e soprattutto l’avversario, a sacrificarti se vuoi ottenere risultati perché ti insegna che solo così è possibile raggiungere grandi traguardi, con impegno, costanza e dedizione”.
* Sora 28 febbraio 2017. Cristina Lucarelli.
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